Google non è sempre Google. Da qualche tempo è noto l’allarme di agenzie e operatori che si spaccino come partner di Google o, peggio ancora, come dipendenti del colosso web, pur di vendere più facilmente i propri servizi a pagamento raggirando utenti ignari della truffa. Una pratica che va avanti da molto tempo ma a cui, solo di recente, Google ha “risposto” avviando un’azione legale.
Amazon come apripista
Google, di recente, ha intentato una causa contro una serie di società presumibilmente collegate. Si tratta di agenzie e fornitori di servizi SEO che hanno finto di essere Google per vendere le loro offerte. Molte di queste aziende con il nome di GVerifier o GHyper, vendevano false recensioni locali millantando una vicinanza inesistente a Google. Da quanto è dato sapere, l’operazione, a larga scala, potrebbe coinvolgere molti operatori che, fino ad oggi, hanno operato indisturbati all’ombra del colosso Web. L’azione legale ricorda quella intrapresa da Amazon che, in passato, ha intentato cause, risultate poi vincenti, contro numerosi venditori di recensioni.
Perché parliamo di un sistema di truffa che si autoalimenta?
Apparire su Google tra i primi cinque risultati proposti per una data ricerca aumenta significativamente le probabilità che il sito venga visitato e quindi, queste posizioni, sono molto appetibili per le aziende e in generale per i brand. I professionisti del web, talaltro, si occupano di ottimizzazione per i motori di ricerca (SEO) e offrono soluzioni mirate per incrementare la propria visibilità in rete. Le strategie marketing puntano, quasi sempre, al raggiungimento delle posizioni di prima pagina ma non è un traguardo semplice da raggiungere e ci sono molti fattori che determinano il successo o l’insuccesso di una data strategia. Il mercato, purtroppo, ospita molti venditori di fumo e truffatori disposti a qualsiasi cosa pur di accaparrarsi un cliente o un’azienda. La leva è sempre la stessa, aumentare le visite, la visibilità e la reputazione dell’azienda. Cadere nella rete di agenzie disoneste, oggi come oggi, è facile e comune perché è in corso una vera e propria corsa verso la visibilità. Maggiore è la richiesta maggiore è l’offerta e più alti sono i rischi di trovarsi di fronte ad un numero crescente di operatori disposti a tutto pur di crescere, anche spacciandosi per Google o suo affiliato.
Parola d’ordine: tutelarsi!
Iniziamo col dire che tutelarsi dai raggiri non solo è possibile ma anche necessario. Questo non significa diffidare di ogni operatore che offre servizi SEO ma imparare a distinguere i professionisti dai venditori di fumo o, peggio, da chi usa il raggiro come strategia per acquisire clienti. Le potenziali prede sono in genere attività commerciali o piccole realtà imprenditoriali già presenti in rete con un sito vetrina o aziendale.
Come non cadere nella rete truffa
- La prima cosa da sapere e da ricordare è che Google non contatta gli utenti offrendo servizi a pagamento per posizionare i loro siti internet. Se lo fa, non è Google! Potrebbe tuttavia accadere che il team del colosso web contatti gli utenti per suggerimenti relativi alle campagne AdWords ma non anche per altri motivi.
- Il dominio del colosso statunitense è google.com. Qualsiasi altro dominio diverso da questo non è Google. Ogni comunicazione, infatti, parte da indirizzi di posta elettronica che terminano con @google.com.
- Operatori o agenzie web operanti all’interno del programma Google Partner, a dispetto di quanto possa suggerire il nome, non lavorano direttamente per Google. Infatti, l’ottenimento del badge Google Partner attesta che l’azienda in questione abbia dimostrato buone abilità tecniche nella creazione e gestione di campagne AdWords per i propri clienti.
- La frase “Ti garantiamo la prima posizione su Google” deve diventare un campanello d’allarme di un’eventuale truffa in corso. .Nessuno può avere la certezza di posizionare un sito in prima pagina su Google, poiché nessuno conosce l’algoritmo.
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